L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 13/E del 19 febbraio 2025, fornisce chiarimenti in merito alla determinazione dell’imposta proporzionale di registro in materia di disposizioni negoziali contenute nel decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, disciplinato dall’art. 124 del Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare).

La risoluzione recepisce il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi nell’ultimo periodo che supera, in parte, le indicazioni contenute nella circolare n. 27/E/2012.

Secondo la Corte di cassazione al decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore si applica la disposizione di cui all’articolo 21, comma 3, del Testo Unico dell’Imposta di Registro (TUR), ai sensi del quale ‘non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati ad altre disposizioni (…)’ e l’imposta di registro in misura proporzionale deve dunque essere applicata su una base imponibile corrispondente al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.

Alla luce di ciò vanno considerati superati i chiarimenti forniti sul punto dalla circolare n. 27/E/2012. Questo vale anche per quanto riguarda il trattamento dell’imposta di registro relativo alla procedura di concordato nella liquidazione giudiziale, disciplinato dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in quanto tale istituto non si differenzia rispetto al ‘vecchio’ concordato fallimentare.

Il quesito formulato da un Ordine concerne i decreti di omologa del concordato fallimentare con intervento di un terzo assuntore il quale si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo (art. 1273 c.c.) dietro la cessione delle attività fallimentari. In tale procedura, il terzo assuntore diventa proprietario di tutte le attività e si accolla le passività della società fallita come risultanti dalla sentenza di omologazione, contestualmente all’omologa stessa e gli eventuali successivi provvedimenti del giudice delegato.

Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, rileva la circostanza che il decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore esplica effetti traslativi, dato che, con il provvedimento di omologa, il terzo assuntore acquisisce – immediatamente e direttamente – i beni fallimentari.

Di conseguenza lo stesso decreto di omologa è soggetto ad imposta proporzionale di Registro, perché riconducibile alla categoria degli atti recanti trasferimento o costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto, ovvero su altri beni e diritti delle lett. a) dell’art. 8 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.

A differenza di quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 27/E/2012 l’Ordine fa presente che la Corte di cassazione esclude che l’accollo dei debiti nel concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, possa essere soggetto a tassazione ai fini del Registro. ‘Detto accollo, infatti, costituisce per l’assuntore un obbligo previsto normativamente, non derivando dalla volontà delle parti bensì rappresentando un effetto ‘legale naturale e imprescindibile’ del concordato fallimentare. Sicché, l’accollo dell’assuntore, avendo una stretta correlazione non può essere considerato un atto negoziale autonomo, a sé stante e, dunque, assoggettabile a imposizione ai fini del registro’.

Secondo i giudici della Corte l’importo del debito accollato non partecipa al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell’imposta di registro.

L’istante chiede chiarimenti in merito all’applicazione dell’imposta di registro sui decreti di omologa, con particolare riferimento alla determinazione della base imponibile, stante le difformità di orientamento della giurisprudenza di legittimità e dell’Amministrazione finanziaria.

La problematica interpretativa oggetto della presente risoluzione riguarda la determinazione della base imponibile dell’imposta proporzionale di registro alle disposizioni negoziali contenute nel decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore, disciplinato dagli articoli da 124 a 140 del regio decreto n. 267/1942 (legge fallimentare).

Con questo istituto l’assuntore, da un lato, si obbliga con i propri mezzi a soddisfare i creditori concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell’accollo, e dall’altro lato, acquisisce, di regola, per effetto della sentenza di omologa le attività fallimentari.

In sintesi, gli effetti della procedura sono: l’assunzione degli obblighi del fallito nei confronti dei debitori e il trasferimento all’assuntore del patrimonio fallimentare.

Nella circolare n. 27/E del 21 giugno 2012 l’Agenzia delle Entrate ravvisava che allo schema negoziale andava applicata l’imposta proporzionale di registro secondo il criterio dell’articolo 21, comma 2, del TUR, considerando l’imposizione più onerosa, risultante dal confronto tra ‘l’imposizione gravante sulla parte del decreto relativo all’accollo dei debiti scaturenti dal concordato, soggetti all’imposta nella misura del 3% ai sensi dell’art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR, e l’imposizione gravante sui beni dell’attivo fallimentare trasferiti per effetto del concordato’.

In buona sostanza le motivazioni dell’Agenzia delle Entrate si fondavano sul fatto che, nel concordato fallimentare con l’intervento di un assuntore, l’accollo dei debiti del concordato e la cessione dei crediti erano due disposizioni distinte seppur legate da un vincolo di derivazione necessaria. In base a questa interpretazione l’accollo mantiene, comunque, la propria autonomia rispetto al patto di concordato.

La Corte di cassazione, invece, è giunta a conclusioni differenti. In più pronunce i giudici di piazza Cavour hanno sostenuto che ‘al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, va applicato il criterio di tassazione correlato all’art. 8, lett. a) della tariffa, parte prima, allegata al cit. d.P.R n. 131 del 1986, con commisurazione dell’imposta di registro in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti, tenuto conto che l’aliquota applicabile dipende dalle voci dell’attivo trasferito (cessioni di crediti, cessioni di beni, trasferimento dell’attivo) – mentre il contestuale accollo dei debiti – collegato a detta cessione dei beni fallimentari – è escluso dalla tassazione ex art. 21 comma 3, cit. e dalla base imponibile’.

Per la Corte gli effetti del concordato fallimentare con assuntore derivano direttamente dalla legge, di conseguenza non può essere paragonato ad un accordo negoziale tra le parti. Analizzando la disciplina fallimentare si osserva come l’assunzione delle passività rappresenti un effetto fisiologico del concordato con terzo assuntore, in quanto disposta direttamente dalla legge e correlata all’interesse del terzo assuntore.

Secondo la Corte di cassazione, pertanto, all’omologazione del concordato fallimentare con terzo assuntore va applicata la disposizione prevista dall’articolo 21, comma 3, del TUR, ai sensi del quale ‘non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati ad altre disposizioni (…)’ e l’imposta di registro in misura proporzionale va applicata su una base imponibile corrispondente al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.

La risoluzione recepisce l’indirizzo assunto dalla Suprema Corte e considera superati i chiarimenti forniti con la circolare n. 27/E/2012.

L’Agenzia delle Entrate conclude sostenendo che il decreto di omologa di un concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore disciplinato dall’articolo 124 e seguenti della legge fallimentare , deve essere ricondotto all’ambito applicativo dell’articolo 21, comma 3, del TUR. Pertanto, l’imposta proporzionale di registro dovrà essere applicata sui beni dell’attivo fallimentare, oggetto di trasferimento, identificato analiticamente nei singoli beni che lo compongono e applicando per ciascuno di essi, in base alla relativa natura, l’imposta di registro prevista nella tariffa.

Analoghe conclusioni valgono anche per quanto riguarda il trattamento dell’imposta di registro alla procedura di concordato nella liquidazione giudiziale, disciplinato dal nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, istituto che non presenta differenze sostanziali rispetto al previgente ‘concordato fallimentare’.

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